Tra titoli allarmistici e paure indotte, la narrazione mediatica sui dazi di Trump rischia di paralizzare l’economia reale. Ma dietro la crisi raccontata, si cela ben altro: una sottile crisi di fiducia
Nelle ultime settimane, i titoli su Trump e i suoi dazi sono tornati a campeggiare ovunque: giornali, TV, portali online e social media ci bombardano con lo spettro di una nuova “guerra commerciale” tra Stati Uniti e resto del Mondo. Ma dietro questa valanga di informazioni, quanto c’è di reale e quanto è manipolazione?
I dazi esistono, certo. Sono strumenti di politica economica, usati per proteggere i mercati interni o per esercitare pressioni nei rapporti internazionali. Ma il punto non è la loro esistenza. Il punto è come vengono raccontati. Il linguaggio apocalittico, il ritmo martellante e le immagini scelte contribuiscono a creare una narrazione che ha un obiettivo delineato: generare paura.
La paura è un alleato del controllo
Quando il consumatore medio sente parlare ogni giorno di “crisi imminente” e di “mercati in subbuglio”, cosa fa? Non compra. Il piccolo imprenditore? Non investe. Le famiglie? Rimandano le scelte importanti. È un effetto domino, silenzioso ma devastante. E il risultato è paradossale: la paura della crisi genera la crisi stessa. Un fenomeno ben noto in psicologia sociale, chiamato “profezia autoavverante”.
Così, mentre i titoli dei media continuano a ripetere lo stesso mantra, l’economia reale – quella fatta di persone, piccole imprese e coraggio quotidiano – rallenta. Non perché manchino le risorse, ma perché viene a mancare la fiducia. E questa fiducia viene erosa, giorno dopo giorno, dalle stesse notizie che dovrebbero informarci e renderci più consapevoli.
Manipolazione mediatica? Sì, ma sottile
Non serve inventare fake news per manipolare. Basta ripetere una notizia vera con toni allarmistici, amplificarla, decontestualizzarla e, soprattutto, non fornire strumenti concreti di comprensione. Così, invece di informare, si disorienta. Invece di liberare, si imprigiona.
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Ed ecco che il cittadino medio smette di porsi domande. Accetta passivamente la narrazione dominante. Scivola in uno stato di allerta continua, un “freezing” psicologico che paralizza ogni slancio verso il cambiamento. Rinuncia a pensare, a discernere, a progettare. Anche solo per timore di fare la mossa sbagliata.
La vera rivoluzione? Tornare a pensare
In una società che vuole tenerci nell’ansia perenne, tornare a pensare è un atto rivoluzionario. Non si tratta di negare i problemi, ma di guardarli con lucidità. Di uscire dal bombardamento informativo e chiederci: cosa sta accadendo realmente? Quali sono gli impatti diretti sulla mia vita? E soprattutto: cosa posso fare io, oggi, per continuare a costruire un’economia sana, sostenibile, e libera dalla paura?
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E tu, oggi, che sguardo scegli di avere?

Sono la CEO di Controsenso, Impresa operante nel Digital Marketing, nel giornalismo e nella comunicazione strategica. Dirigo un team di esperti che supporta P.M.I. e privati, aiutandoli a promuovere i propri progetti online e offline.