L’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro” è spesso confusa con la scadenza vera e propria. Il risultato? Ogni anno tonnellate di cibo ancora perfettamente commestibile finiscono nella spazzatura. Un’analisi tra normativa, percezione pubblica e buone pratiche
La dicitura riportata sulle confezioni alimentari può fare la differenza tra un prodotto consumato e uno gettato via inutilmente. “Da consumarsi preferibilmente entro” non significa “da buttare dopo quella data”, eppure per molti consumatori la distinzione è tutt’altro che chiara. Il tema è tornato d’attualità dopo che l’Unione Europea ha proposto di rivedere le regole sull’etichettatura delle scadenze, con l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare. Ma qual è la vera data di scadenza degli alimenti? E su quali basi viene stabilita?
Cosa leggerai nell'articolo:
Scadenza vs Termine minimo di conservazione: due concetti distinti
Nel panorama normativo europeo, esistono due principali tipologie di indicazioni temporali sugli alimenti: la data di scadenza (“da consumarsi entro”) e il termine minimo di conservazione (TMC, o “da consumarsi preferibilmente entro”). La prima si applica a prodotti deperibili come carne fresca, pesce o latticini non trattati termicamente, e indica un limite oltre il quale il consumo può rappresentare un rischio per la salute. La seconda, invece, si riferisce a prodotti più duraturi – come pasta, biscotti o conserve – che, anche dopo quella data, possono mantenere caratteristiche accettabili di gusto, odore e valore nutrizionale.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha più volte chiarito questa distinzione, sottolineando come il TMC non vada interpretato come una scadenza assoluta, bensì come una stima della qualità ottimale del prodotto.
Lo spreco alimentare legato alla confusione
Secondo una ricerca pubblicata dalla Commissione Europea nel 2023, il 10% dello spreco alimentare totale nell’UE è attribuibile alla cattiva interpretazione delle etichette. In numeri, si parla di oltre 9 milioni di tonnellate di cibo sprecate ogni anno solo per la confusione tra scadenza e TMC.
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Anche l’organizzazione internazionale WRAP (Waste and Resources Action Programme), con sede nel Regno Unito, ha condotto indagini simili, dimostrando che più del 70% dei consumatori britannici considera la dicitura “preferibilmente entro” come una scadenza tassativa, contribuendo a un inutile aumento del rifiuto domestico di cibo ancora commestibile.
Verso nuove etichette “intelligenti”
Alla luce di queste evidenze, l’Unione Europea sta valutando l’introduzione di etichette più chiare, con l’aggiunta di indicazioni come “spesso buono oltre” (“often good after”) accanto al TMC. Questa proposta, ancora in fase di consultazione, mira a educare i consumatori e responsabilizzarli nel valutare visivamente, olfattivamente e gustativamente la qualità di un prodotto prima di gettarlo.
Anche alcune aziende stanno sperimentando soluzioni innovative, come le etichette intelligenti che cambiano colore per segnalare il reale stato di conservazione del prodotto, oppure App per smartphone in grado di aiutare l’utente a comprendere se un alimento è ancora consumabile.
Cosa possiamo fare come consumatori
Gli esperti consigliano di affidarsi ai sensi: annusare, osservare e assaggiare piccole quantità possono essere strumenti validi per determinare la qualità residua di molti alimenti non deperibili. Inoltre, conservare i prodotti in modo corretto – rispettando le temperature e le indicazioni del produttore – può prolungare la vita utile del cibo.
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Infine, è fondamentale un cambio culturale: imparare a distinguere tra sicurezza e qualità, e capire che un pacco di riso “scaduto” da due mesi, nella maggior parte dei casi, non rappresenta alcun rischio.

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