Il fenomeno riprovevole dei cani sfruttati per lo spaccio di droghe
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Il fenomeno riprovevole dei cani sfruttati per lo spaccio di droghe

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Cresce l’allarme per l’utilizzo di cani nel traffico di stupefacenti. Una realtà che solleva gravi questioni etiche e richiede un intervento tempestivo da parte delle istituzioni

Negli ultimi anni, le Forze dell’ordine italiane e internazionali hanno lanciato l’allarme su un fenomeno in crescita: l’impiego di animali domestici, in particolare cani, come strumenti al servizio dello spaccio di droga. Una pratica crudele che, oltre a infrangere le normative in materia di narcotici, costituisce anche una grave violazione dei diritti degli animali.

Cani usati come “corrieri” della droga

Uno dei casi più inquietanti è emerso a Milano nel 2024: alcune bande di narcotrafficanti utilizzavano cani di grossa taglia, tra cui Labrador e San Bernardo, per trasportare ovuli di cocaina nascosti nel tratto intestinale.

Al termine del tragitto, gli animali venivano soppressi per recuperare la sostanza. L’operazione, condotta dalla Polizia di Stato, ha portato alla scoperta di un traffico tanto redditizio quanto disumano.

Cani impiegati come “esche”

Un’altra modalità di sfruttamento riguarda l’uso dei cani come strumento per attrarre clienti potenziali. La dinamica è sempre la stessa. Nei contesti urbani, soprattutto nei parchi pubblici, i pusher si presentano accompagnati da cani, fingendosi semplici frequentatori dell’area. Questo escamotage consente loro di avvicinare gli acquirenti senza destare sospetti.

La cronaca riporta anche casi in cui i cani vengono addestrati a depositare piccole quantità di droga vicino a veicoli o panchine, oppure a trasportare le dosi legate al collare, agevolando uno scambio “invisibile” agli occhi dei passanti e delle Forze dell’ordine.

Il lato opposto: le unità cinofile antidroga

Sul fronte opposto, le unità cinofile continuano a rappresentare un presidio fondamentale nella lotta al narcotraffico. In città come Catania, i cani poliziotto hanno contribuito in modo significativo al sequestro di sostanze stupefacenti, individuate all’interno di nascondigli ingegnosi ricavati in aree ad alta concentrazione criminale.

Un lavoro prezioso che viene replicato quotidianamente in luoghi strategici come stazioni e aereoporti.

Una giustizia ancora debole contro lo sfruttamento animale

Lo sfruttamento dei cani nel traffico di droga rappresenta un punto d’intersezione tra criminalità organizzata e maltrattamento animale. Il Codice penale italiano, all’articolo 544-ter, punisce il maltrattamento con pene fino a 18 mesi di reclusione, ma l’efficacia dell’applicazione rimane limitata, soprattutto nei confronti delle reti criminali che utilizzano tecniche sempre più sofisticate.

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È necessario che l’opinione pubblica resti vigile e che il legislatore introduca strumenti giuridici più incisivi per affrontare questa frontiera del crimine. Solo attraverso un’azione congiunta tra cittadini, istituzioni, associazioni animaliste e Forze dell’ordine sarà possibile arginare una delle derive più crudeli e riprovevoli dell’illegalità contemporanea.

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